Non si tratta solo di una figura leggendaria, ma di una vera e propria istituzione tra le vallate delle Marche: un mix irresistibile di autorità, saggezza e carisma. Ma chi era, e chi è, davvero la Vergara? E perché il suono della parola, soprattutto in dialetto maceratese, sembra così potente?
Etimologia della parola Vergara: “Una questione di potere”
Il termine deriva probabilmente da “verga” (o lat. vervecarius «pastore», der. di vervex -ēcis «castrone»). Nell’area della Maremma e delle regioni dell’Italia centrale è diffuso il maschile “vergaro” (o “vergàio”), in riferimento a “colui che cura il gregge”. Ma nelle Marche, Vergara ha assunto un significato molto più profondo e complesso: La Vergara era la donna a capo della direzione delle famiglie coloniche marchigiane tra la fine dell‘800 e gli inizi del ‘900.
La Vergara era la vera forza della famiglia contadina. Se il marito, lo Contadì, portava a casa il denaro, era lei che gestiva tutto: dalle finanze alle provviste per l’autoconsumo, dalle decisioni sulla casa a quelle riguardanti il futuro della famiglia. In una società dove il sistema era essenzialmente matriarcale, la Vergara non solo governava il focolare, ma determinava ogni aspetto pratico e logistico della vita quotidiana. Il suo ruolo era centrale: oltre a gestire il reddito della famiglia, era anche responsabile della produzione di beni come cibo, vestiti e biancheria, che garantivano l’autosufficienza familiare. Era lei a decidere tutto, senza bisogno di consultare nessuno.
Possiamo definirla come simbolo della donna che non solo gestisce, ma dirige con una determinazione implacabile. Se nel mondo contemporaneo parliamo di “manager”, beh, nelle Marche questo ruolo esiste da secoli, e lo incarna proprio lei: la Vergara.
In dialetto maceratese questo termine assume un suono speciale, quasi solenne. Quando lo senti pronunciare, sembra di udire una dichiarazione di potere: “la Vergara”. Non si parla solo di una donna che gestisce la casa, ma di una vera e propria leader che tiene tutto sotto controllo con il suo carisma naturale. La sua presenza è talmente forte che perfino lo Contadì spesso si piega al suo giudizio.
E poi, attenzione, guai a fare qualcosa di sbagliato! La Vergara non ha paura di alzare il dito e dire la sua. I suoi rimproveri sono famosi, spesso accompagnati da frasi tipiche del tipo: “Ma come te si ‘rvistita?” (lett. come ti sei vestita?), frase che può smontarti anche l’outfit più alla moda.
*Curiosità storico-folkloristiche:
Un’antica tradizione vedeva, in occasione del matrimonio, la suocera ricevere a casa sua la vergara (neo-sposa) e le offriva in dono tre oggetti simbolo: una “conocchia”, un pezzo di pane e tre grani di sale grosso a simboleggiare “le virtù” che la donna doveva possedere. Il fuso per indicare il saper filare e tessere, il pane per la cucina e i tre chicchi di sale grosso ad indicare che doveva comportarsi sempre “cum grano salis”. Dopo aver consegnato tali doni la suocera rivolgeva alla nuora tali parole:”Fija in questa cassa c’è la pace” (“Figlia, in questa casa c’è la pace”), e lei rispondeva: ”Se ce la troo ce la lascio” (“Se è vero, io farò in modo di mantenerla”)
La Vergara contemporanea tra tradizione e attualità
In un’epoca in cui tutti parlano di empowerment femminile, le donne marchigiane sanno bene che il concetto è già radicato nelle loro tradizioni da generazioni. La Vergara di oggi è una donna che bilancia la modernità con il rispetto delle radici. Può gestire una carriera, una famiglia e persino le relazioni sociali con un’eleganza innata, sempre con quel tocco di pragmatismo che solo la vita marchigiana sa dare.
Per approfondimenti sulla figura della Vergara e della Donna marchigiana vi consigliamo: Vai al link
Angeletti C., La Vergara. Divagazione folclorica sulla ‘donna manager’ di cento anni fa, SICO Editore 1995. Vai al pdf